Accettare il lavoro sempre e comunque?

Il tasso di disoccupazione ha raggiunto i massimi storici dal 2004, molti giovani non sono più così “giovani” e la domanda che ci si pome più spesso è se possa essere giusto e positivo chinare la testa a questa crisi, che ci ha completamente investiti, ed accettare di svolgere un lavoro che non è quello che si desidera, mal pagato ma pur sempre un lavoro.

Chi studia e investe tanto sia in termini economici sia di sacrifici per avere la possibilità di percorrere la strada desiderata da sempre, oggi si trova davanti a uno di quei dilemmi quasi impossibili da risolvere, di fronte a un bivio in cui si rimane fermi immobili per giorni infiniti, lasciando che il tempo scorra inesorabile e trascini via con se tutte le nostre energie e tutto il nostro entusiasmo, come se non avessimo mai sognato e sperato.

Ci sono stati diversi studi su cosa possa essere più conveniente, in questo difficile periodo, tra accettare un lavoro qualunque o rimanere disoccupati e sembra che ad avere la meglio sia proprio la seconda possibilità. Infatti uno studio condotto in Australia dall’Hilda ha confermato come la frustrazione derivante da un lavoro brutto e mal pagato possa avere degli effetti devastanti sulle persone che accettano di svolgerlo, anche peggiori dell’essere disoccupati. A risentirne maggiormente sarebbe lo stato psico-fisico dell’individuo con crisi di ansia e forte esaurimento nervoso.

Grande importanza, dunque, viene attribuita alla qualità del lavoro e verrebbe smentita la convinzione per cui qualsiasi attività lavorativa è meglio di niente. Per non parlare di chi sta già svolgendo un lavoro che non gli piace e non è afflitto solo dalla frustrazione ma anche dal dubbio atroce se lasciarlo sia cosa buona e giusta. La paura è di sembrare superficiali, ingrati e stupidi a fare un passo che in questo periodo storico che stiamo vivendo farebbe solo un pazzo. Così dicono.

Il primo pensiero e la prima cosa che oggi si afferma è che il lavoro è un gran privilegio. Qualunque sia l’attività che si va a svolgere, l’importante è avere un lavoro, e non importa del proprio passato, di quanto si sia creduto e si creda ancora nelle proprie capacità e nel proprio entusiasmo.

Beh, permettetemi di dissentire da tutti coloro che affermano questo. Io credo di essere una privilegiata non perché lavoro e basta ma perché faccio quello che mi piace fare, con passione e grande impegno, perché è una di quelle cose a cui aspiravo di arrivare, insieme a tante altre, durante il mio lungo percorso di studi. Se ognuno di noi fosse costretto a svolgere un’attività che non vuole, se il lavoro, che occupa la maggior parte delle nostre giornate e quindi della nostra vita, fosse solo un mezzo per sopravvivere, allora molti di noi non avrebbero la possibilità di essere ciò che vogliono ma solo ciò che capita.

Nessuno dice che sia facile e ognuno di noi deve rendere conto alla propria storia personale e alle proprie esigenze. Ma almeno crediamo e conserviamo il diritto alla libertà di decidere senza essere additati come folli, superficiali o “choosy”.