Nelle aziende spesso si trovano molti talenti, ma altrettanto sovente i risultati economici non sono la somma delle capacità delle singole persone. Ciò dipende da diversi fattori.
E’ naturale per i leader cercare di sfruttare al meglio i propri punti di forza. Le imprese, i manager e i singoli lavoratori tendono a concentrarsi su ciò che sanno fare al meglio. Spesso queste doti si trasformano in un boomerang. Essere troppo forti, troppo gentili, troppo pignoli, distoglie l’attenzione rispetto ad una visione d’insieme e limita l’azione a ciò che è più vicino a noi in quel momento.
In ambito aziendale l’esempio più evidente è quello del manager chiamato a ridurre i costi e massimizzare i profitti, che per ottenere i risultati che l’azienda gli ha affidato è disposto a sacrificare non solo le inefficienze e le sacche di disorganizzazione presenti, ma anche ciò che di buono esiste per poterne trarre un beneficio immediato. Questo “eccesso di zelo”, se così lo possiamo chiamare, è il tipico esempio di assenza di visione di lungo periodo. Spesso queste situazioni si verificano quando i leader esagerano nell’applicare al meglio le proprie doti e competenze, superando in modo pericoloso il limite dettato dal buon senso.
Molti leader sono persone estremamente intelligenti, capaci di ridurre a modelli di facile interpretazione ciò che accade dei propri settori di riferimento e di creare così nuove soluzioni molto efficaci per i propri business, ma allo stesso tempo sono queste stesse persone ad aver generato una delle peggiori crisi finanziarie degli ultimi decenni. Spesso perché si è dato più peso alla furbizia che al buon senso.
In pratica anche qualora ci siano eccellenti doti (di leadership, economiche, matematiche, ecc…) l’assenza di giudizio e visione può essere uno dei più grandi problemi che le aziende devono affrontare quando ingaggiano un grande manager.
Il giudizio è sicuramente difficile da misurare a priori ed è su questo punto che si svilupperanno le sfide più importanti dei prossimi anni.
Vittorio Nascimbene