Andavo ancora all’università quando, da sempre abituata a lavorare per mantenermi agli studi, decisi di lavorare in un call center e prestare servizio d’informazione e assistenza alla clientela. Durante la prima settimana di formazione fui particolarmente colpita dal tempo dedicato a una caratteristica della comunicazione estremamente importante ma in cui, in realtà, non mi ero mai imbattuta: l’empatia. Un termine che con il passare del tempo mi resi conto pesare davvero molto, sia sulla vita privata che su quella professionale.
Cominciamo dall’accezione di tale termine. Sul vocabolario è definita come capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e gli stati d’animo di un’altra persona. Se si è capaci di mettersi nei panni degli altri, di comprenderne il punto di vista, talvolta anche senza dover necessariamente parlare, allora ci si può definire persone empatiche.
Si capisce subito che è uno strumento di comunicazione potentissimo se ben utilizzato e condiviso da tutti. Ci permette di entrare in contatto con chi ci sta accanto e di creare una serena e direi armonica sintonia.
Sul luogo di lavoro si traduce nella capacità e soprattutto volontà di conoscere e accettare le diverse esperienze dei propri colleghi, averne profondo rispetto tralasciando i propri interessi personali e tenendo conto di quelli degli altri, perché solo in questo modo si può creare un rapporto di reciproca fiducia e condivisione. Non è solo una questione di essere simpatici ai propri colleghi, si va oltre e diventa importante condividere nel profondo, comprendere veramente gli stati d’animo di chi ci sta accanto.
Sempre più spesso accade che siano richieste sessioni di formazione sull’empatia, perchè è vista come strumento efficace e affidabile per superare il problema, a volte ignorato, del disadattamento in ufficio di tutti coloro che non riescono a integrarsi come dovrebbero. Inoltre il risultato di tale training ha dimostrato che coloro che sono più empatici producono meglio, di più e in minor tempo. È la famosa e più volte discussa questione del clima aziendale, per cui tutti dovrebbero volersi bene e gettare le basi per diventare amici e invece spesso non è così. Al contrario succede che si creino falsi legami e questo accade perché vi è poca attenzione e disinteresse ad ascoltare attivamente gli altri.
Quindi c’è una relazione diretta tra essere empatici e il lavoro. Certo è che non è così scontato. Non si diventa empatici. Uno lo è oppure no. È un’abilità che bisogna sviluppare, allenare. Chi non ce l’ha, nel peggiore dei casi, più che empatico può provare ad essere simpatico.
Eleonora Maiorana