Circa un anno fa l’Eurostat, Ufficio Statistico Europeo, raccoglieva gli ultimi dati relativi agli stipendi pagati nei vari paesi europei e il risultato mostrava come l’Italia si collocasse agli ultimi posti, addirittura dietro la Spagna e l’Irlanda. Ancora oggi è così. I dati ci dicono inoltre che la retribuzione netta media di un italiano single senza figli e famiglia è di circa 23.000 euro. La metà di quello che guadagnano mediamente in Germania e in Gran Bretagna. La cosa peggiore è che anche tralasciando lo stato attuale delle cose, accettando con rassegnazione che in Italia si guadagna poco, purtroppo non si può sperare neanche in un miglioramento. Basti pensare che in quattro anni il rialzo è stato solo del 3,3%, mentre in Spagna è stato del 29,4% e in Portogallo del 22%.
Ma qual è il problema? È vero che viviamo anni di profonda crisi, questo è stato detto e ridetto più volte. Durante un’intervista rilasciata sull’uscita del suo ultimo libro, Bruno Vespa ha dichiarato che questa crisi ha raggiunto i livelli della depressione del 1929/30, cosa che guardando il calendario e ricordandoci che siamo nel 2012 è davvero incredibile e lascia molto su cui riflettere.
Soffermandoci a guardare la busta paga risulta chiaro che il divario tra il lordo e il netto percepito è molto pesante. Questo è il segno evidente che in Italia le tassazioni sul lavoro dipendente sono estremamente alte e la colpa non è neanche delle aziende che, al contrario, pagano caro il costo del lavoro. È stato calcolato che le tasse sul lavoro dipendente sono oltre il 50%, una pressione fiscale che ci mette alle strette, con le spalle al muro, che soffoca le speranze anche di chi il proprio lavoro vorrebbe svolgerlo nel migliore dei modi e ad ogni costo.
Gli effetti sono devastanti. Stipendi più bassi conducono a una drastica riduzione dei consumi e i venditori si ritrovano ad alzare i prezzi per non affogare del tutto in questa crisi che però non sembra lasciare spazio e possibilità di rimanere a galla. Inutile ritornare sul fatto che il tasso di disoccupazione è salito alle stelle.
Ma non è solo questo il problema, o per lo meno, non è l’unico grave. Un’Italia in queste condizioni, con così poco da offrire a livello lavorativo, non è un paese in cui gli stranieri verrebbero a lavorare da fuori, e cosa ancor peggiore, mette in fuga gli italiani che studiano e sanno di avere un potenziale da sfruttare e sviluppare.
Chiedete ai neolaureati di adesso cosa vorrebbero fare come primo passo per immettersi nel mondo del lavoro. Andare all’estero.
Eleonora Maiorana