STRANIERI E LAVORO

Lavoro e mobilità: non è una novità!

C’è chi viene e chi va.

Anche se ultimamente i confini si spostano con un referendum e i muri sono tornati di moda, la circolazione delle persone è un dato di fatto che appartiene alla storia dell’umanità.

La paura del diverso sta negli occhi di chi guarda solo da lontano e non vuole, o non può, cogliere le somiglianze da vicino. Somiglianze così profonde e inaspettate che generano stupore più delle diversità stesse, offrendo conforto e fiducia.

Recenti studi segnalano, ad esempio, che i piatti dei ristoranti londinesi si lavano nello stesso modo di quelli dei ristoranti italiani e bulgari, addirittura pare che molti si affidino a lavastoviglie progettate in Germania e costruite in Cina!

Scherzi a parte, ogni giorno migliaia di persone scelgono di spostarsi dal loro paese natìo per costruire un percorso di vita o fare solo un’esperienza all’estero.

Il lavoro è l’unico strumento per realizzare queste esigenze e ogni paese ne regola l’accesso e le procedure di avvio.

In Italia funziona così: due diversi percorsi normativi in base alla provenienza dei lavoratori stranieri.

1. Cittadini di stati membri dell’Unione Europea.

In Europa vige la libera circolazione dei lavoratori cittadini di stati membri. Per ogni europeo, fino a tre mesi di permanenza in Italia (ma anche nel resto dell’Unione), non sono richieste condizioni di soggiorno particolari; oltre i tre mesi è però necessario dimostrare che si sta svolgendo un’attività autonoma o subordinata. Passati 5 anni continuativi, si acquisisce un diritto di soggiorno permanente nel paese ospitante, che tuttavia si perde nel caso di assenze da questo, prolungate oltre i due anni.

Se pensate di fare un salto fuori dall’Italia, date un’occhiata al portale europeo Eures ideato per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

2. Cittadini non appartenenti all’Unione Europea.

Qui vige il principio del contingentamento, disciplinato dal D.Lgs. 286/1998. In questo caso le procedure per l’avvio di un’attività – autonoma o subordinata – nel nostro paese, sono vincolate a quote massime di ingressi sulla base di quanto è annualmente stabilito tramite decreto flussi emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Chi arriva in Italia deve essere munito oltre che di un documento valido di identità anche di un visto di ingresso rilasciato dalla rappresentanza consolare/diplomatica italiana nel paese di partenza.

Per ogni ulteriore informazione, potete consultare il sito del Ministero del Lavoro.

Qualsiasi sia la motivazione che vi spinge a viaggiare, in bocca al lupo e occhi aperti sui diritti e i doveri vigenti in ogni paese.

Lorenza Margherita